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CIAO

ciao 02Per uno scherzo del tempo adesso la situazione si è invertita: io a tenerti in braccio. Metto a confronto le due foto, la prima di cinquant’anni fa e la seconda di appena qualche mese. Tu con la mia età di oggi e io con la tua età di ieri. Uno in braccio all’altro. Tu a tenermi fisicamente: io neonato, davanti alla chiesa il giorno del battesimo. Io con una coppetta di gelato in mano e tu davanti a me, tra le mie braccia, che ti fai imboccare come mi facevo imboccare io da te cinquant’anni fa. Il tempo ha scherzato con noi, cara nonna, il tempo ci fa cambiare forma e ruoli, tu a badare me e io a badare te. È per questo che non voglio ricordarti. Per lasciare al tempo il modo di fare i suoi scherzi, affinché ci confonda la memoria, per farci sorridere e inventare il passato a seconda del nostro stato d’animo. E oggi, in questo momento, mentre scrivo in terre lontanissime dagli argini del Po sotto cui sei nata e dove, secondo te corro un grande rischio di vita, la tristezza viene abolita per sempre: voglio essere felice per tutto quello che mi hai dato. Non voglio ricordarti, perché altrimenti arriva la malinconia, e nelle tue immagini che ho davanti agli occhi, anche le ultime quando sei prigioniera della più terribile malattia che il passare del Tempo ci concede, la malinconia non c’è. E poi c’è il Tempo, sempre lui, di cui non accetto la sua linea inesorabile, ma lo voglio fatto a cerchi e a sbalzi, spirali irregolari da cui poter entrare e uscire a piacimento in cui il bambino che ti chiama dalle scale per non farti andare via e tu dalla finestra di un cortile brulicante di voci infantili si confondano e facciano un tutt’uno con l’uomo che sono diventato. Sì, siamo fatti della materia impalpabile dei ricordi destinati all’oblio. E il naufragare in questo infinito mare, anche se dolce, è sempre doloroso. Per questo non voglio ricordare. Perché non ne ho bisogno, perché dentro di me c’è una parte di te. Dagli argini del Po al tropico del capricorno… ne abbiamo fatta di strada, non è vero?

L’ultima parola che mi hai detto, guardandomi con due occhioni spalancati, vincendo la rigidità della malattia che ti tormentava da tanti anni, è stata la più semplice, la parola che si dice nel normale saluto di commiato, un semplice saluto, come un desiderio di rivedersi il prima possibile: ciao.

E così in questo modo semplice ti voglio salutare anch’io, oggi, adesso mentre faccio finta di non essere triste e scrivo un sacco di balle sul tempo e sui ricordi, per non piangere e non sentire quella sensazione di abbandono che si sente quando una persona cara ci lascia per sempre. E allora smentisco me stesso e comincio a ricordare, a ricordarti, a ripensare alle interminabili partite a briscola e alle risate, tra le lacrime e il sorriso, in una allegra tristezza bagnata dal sollievo di non saperti più a soffrire: Ciao, Nonna Nina, Ciao.

Ciao 03

São Paulo Brasil XXI secolo

Paolo D’Aprile

Foto: Giulio Di Meo

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